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Michele Colombo rappresenta abbastanza bene una figura tipica della cultura Italiana fra settecento e ottocento. Si tratta del classico intellettuale-erudito-tuttologo, che viaggia per l'Italia e l'Europa intrecciando relazioni con i maggiori rappresentanti della cultura del tempo, e che scrive saggi su saggi parlando degli argomenti più disparati, sempre tenendo un occhio particolare alla filologia e le questioni linguistiche.
Michele Colombo nasce a Salgareda, ora in provincia di Treviso, nel 1747, e, come molti altri intellettuali del suo tempo, compie i suoi studi nell'ambiente ecclesiastico (verrà ordinato sacerdote nel 1764). Successivamente, sempre seguendo una pratica comune nel diciottesimo secolo, viene assunto presso diverse famiglie nobiliari come precettore, e in questo modo ha la possibilità di sviluppare una cultura enciclopedica che va dalle scienze naturali alla filologia.
Dopo un'intensa stagione di viaggi, di incontri e di studi, nel 1812 pubblica un "Catalogo di alcune opere attinenti alle scienze, alle arti ed ad altri bisogni dell'uomo", interessante per capire le sue idee nei confronti della questione della lingua. Si tratta, come è tipico del nostro Michele Colombo, di una posizione moderatamente progressista; critica infatti l'idea puristica di una lingua solo letteraria, sostenendo che la lingua si deve anche arricchire sia con l'aiuto dei linguaggi settoriali (delle scienze, appunto), sia con la lezione dei classici del cinquecento, trascurati dai puristi che eliminavano a priori qualunque forma non fosse attestata negli scrittori del trecento.
Da questo momento in poi, i suoi interessi sono rivolti soprattutto alla filologia e alla critica letteraria. Accademico della Crusca dal 1817, tra la sua sterminata produzione (sempre comunque di articoli e di brevi saggi) vanno ricordate le sue edizioni del Decameron (1814) della Gerusalemme liberata (1824), e delle Cento novelle antiche (1825). Gli ultimi anni lo vedono impegnato nella polemica, abbastanza agguerrita in quel momento, tra classicismo e romanticismo. Colombo si sforza di capire la nuova moda romantica, che a lui, formatosi nell'ambiente illuminista, doveva sembrare abbastanza ostica.
Da una parte, ne ridimensiona, nell'articolo Intorno alle controversie letterarie di oggidì (1827), l'importanza con un argomento a quel tempo abbastanza di moda (il romanticismo sarebbe un prodotto della cultura nordica, e quindi inadatto all'Italia che, come paese mediterraneo, non poteva che essere classicista), e propone un suo canone fondato sui classici del secolo precedente (Metastasio e Parini). Dall'altra si dimostra abbastanza aperto alle novità, come quando ad esempio, in un altro articolo del 1837, difende I promessi sposi ( Dopo aver criticato la moda del romanzo storico). Sono gli ultimi interessi della sua vita.
Muore infatti l'anno dopo, nel 1838, a Parma, città nella quale risiedeva dal 1820, a 91 anni.
Note biografiche a cura di Maria Agostinelli.
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